La soglia dell’attenzione su internet è sempre più bassa, quindi il tempo a disposizione per catturarla sempre di meno.
Per comprendere meglio questa affermazione, ti basti sapere che quando un utente entra su un sito web, se non trova ciò che cerca in maniera intuitiva, “rimbalza” dopo soli 15 secondi.

Questo significa che se con il tuo sito non sei stato in grado di generare un interesse in tale breve lasso di tempo, molto probabilmente questo non accadrà più.
All’atto pratico delle cose, questa condizione significa solamente perdere clienti e fatturati.
Ma per quale motivo gli utenti lasciano un sito? Scopriamolo insieme nelle prossime righe.

Frequenza di rimbalzo: cos’è?

I motivi per cui un utente può abbandonare un sito web sono numerosi, e partono da un tempo eccessivo di caricamento dell’home page, al poco appeal dei contenuti. Per una corretta valutazione del tuo sito quindi, e per comprendere quanto sia efficace in termini visual, design e content, c’è un particolare aspetto da monitorare attentamente: la frequenza di rimbalzo.

Parliamo di una delle metriche più importanti prese in considerazione da Google Analytics, che serve per misurare la percentuale di persone che lasciano le pagine del sito subito dopo aver visitato la prima, dunque senza che abbiano svolto una qualche azione.
Un utente lascia il sito nel momento in cui non c’è coinvolgimento. In sintesi, maggiore è la frequenza di rimbalzo, minore è l’efficacia del sito in questione.

Ovviamente è opportuno considerare le differenti casistiche che in maniera fisiologica possono variare da settore a settore.
Se il sito è a scopo divulgativo ad esempio, il fatto che il visitatore possa terminare la navigazione dopo la visita di una singola pagina, non necessariamente rappresenta un indicatore negativo.
Al contrario, se lo scopo è quello di sviluppare interazione, sicuramente c’è qualche errore.

Frequenza di rimbalzo e ranking

Creare contenuti di qualità è fondamentale sia per catalizzare l’attenzione del visitatore, che per guadagnare credibilità agli occhi di Google.
La frequenza di rimbalzo non rappresenta un fattore di ranking. Questo perché l’algoritmo di Google non fa uso dei dati sviluppati da Analytics.
Il discorso cambia notevolmente però nel momento in cui l’utente lascia il sito per ritornare subito dopo ai risultati di ricerca.

Questo tipo di rimbalzo può tranquillamente penalizzare in termini di indicizzazione.
La frequenza di rimbalzo quindi, in alcuni casi deve essere considerata come un campanello d’allarme in tre precisi casi:

Bassa qualità. Non sono presenti elementi che invitino a impegnarsi.
Mancanza di interazione. Target della pagina e contenuti non sono coerenti.
Mancanza di risposte. Gli utenti non hanno trovato ciò che cercavano.

L’importanza della user experience

Nello scenario appena descritto assume un ruolo fondamentale la user experience.
In moltissime situazioni infatti, una frequenza di rimbalzo troppo alta è causata proprio da un’esperienza di navigazione negativa.
I motivi per cui questo può succedere sono numerosi: troppe opzioni, pagine dispersive, tempi di caricamento troppo alti, ed altri ancora.
Tutte concause che possono dar seguito all’abbandono del sito.

Per una user experience ottimale possiamo fornire alcune linee guida:

Semplicità. Qualsiasi elemento non essenziale, appesantisce la navigazione.
Navigabilità. Il percorso di navigazione deve essere semplice e intuitivo.
Gerarchia. Gli elementi devono essere organizzati a seconda della loro rilevanza.
Accessibilità. Le pagine devono essere raggiungibili da qualsiasi device.
Credibilità. È importante saper anticipare le intenzioni di ricerca degli utenti.
Coerenza. Il design deve essere uniforme in tutte le pagine del sito.
Convenzionalità. Gli elementi utilizzati devono essere riconosciuti dagli utenti.

Maggiore sarà la qualità della user experience, più il sito risulterà agli utenti user friendly, minori saranno le probabilità che questi possano lasciare il sito.
Uno degli elementi imprescindibili tra l’altro, riguarda la compatibilità che le pagine devono avere con qualsiasi tipologia di terminale, fisso e mobile.
Una mancanza di reattività durante la navigazione da smartphone, così come la presenza di collegamenti interrotti, possono causare l’abbandono.

La mancanza di interazioni

Molto spesso si pensa che per aumentare il traffico, si debba ricorrere a stratagemmi come quello di utilizzare domini con nomi simili a siti molto famosi.
Due esempi concreti potrebbero essere “yuotube.com” o “faecbook.com”. In altre parole si cerca di prevedere potenziali errori di battitura per indurre l’utente a ritrovarsi sul sito. Questa convinzione però, si rivela erronea.

Questo perché in questi casi il tempo di permanenza medio tra le pagine del sito non supera praticamente mai i 30 secondi.
Ciò significa che un nome di dominio “acchiappa” click, quindi fuorviante, può rappresentare un fattore di abbandono, perché il visitatore in breve tempo si renderà conto di essere approdato sulle pagine sbagliate.
L’utente quando non trova le risposte a quanto cercato, abbandona il sito.

La stessa condizione si verifica anche in un’altra situazione, ovvero quando le informazioni presenti sul sito sono troppe.
In questo caso oltre a far impennare la frequenza di rimbalzo, si avrà una penalizzazione sotto l’aspetto SEO.
Ciò significa che informazioni ridondanti equivalgono sempre ad una cattiva user experience.
Il focus principale dovrà essere sempre in evidenza rispetto alle altre informazioni secondarie.

Un altro aspetto da tenere sempre bene a mente per non far abbandonare il sito, è quello dell’autorevolezza.
Più alto sarà questo fattore, maggiore saranno le possibilità che il visitatore rimanga sulla pagina.
Per questo motivo i contenuti presenti dovranno assolutamente essere pertinenti e aggiornati, e dunque studiati per intercettare l’esigenza del preciso momento.

In altre parole, persino la data presente sul post può rappresentare un fattore causa dell’abbandono del sito.
Il contenuto deve essere rilevante, ma anche quanto questo sia recente è di fondamentale importanza.
In questo caso gli interventi per rimediare possono consistere anche solo nell’aggiornare dei numeri o delle statistiche.
Inutile sottolineare come anche la parte visuale del testo abbia la sua rilevanza.

Proprio per questo motivo, i contenuti devono essere facilmente leggibili.
Un muro di testo, magari scritto senza alcuna variazione di carattere e senza gli opportuni spazi bianchi, rischia di scoraggiare il lettore (quasi sicuramente).
Al contrario, blocchi di testo intervallati da spazi e immagini, rendono la pagina più leggibile e “leggera”, e incoraggiano il lettore a rimanere sul sito.